lunedì 29 novembre 2010

Annullarsi

Nella mia esperienza di vita, che non collima al cento per cento con la mia esperienza personale, mi è capitato spesso di vedere persone annullare se stesse negli altri. Non mi riferisco solo alle storie d'amore, in cui una certa perdita di identità alla ricerca di uno spazio comune è ragionevole. Parlo anche di quelli che riescono facilmente a appiattirsi sulle posizioni altrui senza accorgersene e provarne disagio.

Certo, quelli che lo fanno con malizia e tornaconto personale rappresentano una realtà pericolosa. Sono quelli che fanno strada nella vita in modo poco pulito, ma che troppo spesso hanno un futuro luminoso perchè avvolti in un piacionismo molesto che sembra assolverli da ogni colpa. Chiunque sia in grado di apparire buono e pronto a accontentare tutti, risulta un personaggio positivo. Fatto salvo il fatto che in realtà si dimostri una gran furbizia, ma nessuna idea personale, il merito di demagogizzare in giro non viene mai sottovalutato...

E le bugie, le doppie e triple maschere, la facilità di cambiare opinione e bandiera divengono peccati veniali. In un esercizio costante di annullamento del proprio io a favore di un noi impalpabile, ma proficuo, quelli che diventano i capi sono quelli che scendono a patti sempre e comunque, difendendo nient'altro che se stessi... Cambio di pelle, si diceva una volta. Oggi penserei piu' a una pelle divenuta invisibile trasparenza...

Vorrei che per una volta questi fossero annullati davvero. Annullati e spariti sarebbe la combinazione giusta...


Vieni via con me

Essendo un telepatito teledipendente, no posso esimermi dal parlare del fenomeno televisivo di questo autunno e probabilmente di quest'anno.
Finora credo di aver solo sommariamente citato la trasmissione Vieni Via con Me su Facebook. In realtà considerando i dati d'ascolto, il raggio di quelli interessati potrebbe essere un pó più ampio dei 150 amici dell'annuario scolastico...
É nata come al solito per quel marpione di Fabio Fazio, l'attesa evento. Credo che lui senta ogni settimna Steve Jobs, se é vero come é vero che é l'unico che riesce come la Apple a creare la suspance. É un gioco di prestigio difficile, ma dalla tecnica consolidata. Si danno in giro indizi, facendo crescere pian piano la curiosità, ma non tutta in un botto, perché altrimenti lo slancio potrebbe andare perduto per la via. Poi si arriva al momento clou presentando un prodotto esteticamente bello e desiderato che presto raddoppierà il suo appeal grazie al passaparola o a internet...
Ma nel complesso, funziona solo se il prodotto c'é. E questa volta nella liturgia di questo programma ci sono degli spunti capaci di tenere avvinti milioni di italiani. Il punto non é solo che si facciano cose di qualità, ma anche che si facciano cose che arrivino dirette. Le battute sottili non sono il punto forte. Lo sono le narrazioni al limite della storia epica di un Saviano abituato a stupire con i fatti documentati e fondamentalmente venuto a patti con il suo essere star... Già nello scrivere, la sua maniacale ricerca di atti giudiziari era stata la sua forza. A questo si aggiungono ospiti calibrati e affidabili e una gestione a volte un pò caramellata di persone e situazioni...
Il collage riesce a prendere nell'attesa del prossimo evento. Nell'abitudine alla rete e alle notizie frammentarie sui giornali, la gente ritrova scambi veloci e così resta soddisfatta.
A parte i tecnicismi, si tratta di televisione studiata bene. Non sono altrettanto convinto che questa tv con un pò di qualità segni una reazione del pubblico alle veline. Se Vieni via con Me non fosse un evento, quanti sceglierebbero di continuare a seguirla? Senza fare fanta-tv, dubito che potrebbe continuare a riscuotere lo stesso successo.
Si potrebbe obiettare che ci dovrebbero essere più programmi così, ma forse avrebbero la stessa sorte dei cloni degli iPod...
Insomma, bene che ci sia stata una trasmissione così, ma mi asterrei dall'idolatrare e dal trarre troppe conseguenze da questa esperienza: in fondo, siamo sempre alla tv italiana!

domenica 28 novembre 2010

I benedetti mercatini


Oggi vado a vedere i mercatini di Natale a Zurigo. Lo faccio senza alcuna altra pretesa che passeggiare al gelo e riscaldarmi con del Gluewein che mi dia un po' di sollievo... La città pare non sia stata investita dalla neve della campagna dove vivo. Il Maniero è bianco luminoso e anche se il sole sembra dare un'occhiata fuori dalla tende nuvolose, non credo riuscirà a sciogliere i fiocchi ammonticchiati...

Ora il punto dei mercatini di Natale è che si trovano sempre le stesse cose. Niente che mi stupisca e colpisca di solito. Certo, l'atmosfera è carina e fa un po' presepe napoletano, ma c'è sempre quell'ovattato silenzio a infastidirmi un po'. E parlando di presepe, sarebbe anche da capire come mai anche a Napoli ci si metta la finta neve pur non avendola mai vista in città nella mia vita per piu' di venti secondi...

Il Natale è diventata una festa puramente commerciale. Lo dicono tutti. Di religioso e spirituale è rimasto solo il rito del capitone fritto. I mercatini, qui e altrove, ne rappresentano una incarnazione paganeggiante inondata di luce ma soprattutto di soldi e di commercio. Gesu' interverrebbe probabilmente di bastone in tutti questi luoghi come nel tempio... Eppure sembra che non ci sia nessuna alternativa. Non che io abbia alcuna ricetta da proporre, ma è interessante vedere che il mondo che si sta uniformando a se stesso, porta a diffondere ovunque tradizioni nate chissà dove, chiaramente solo nel caso che producano profitto...

E' il caso di tutte quelle feste importate come Halloween, che anche in Europa prendono piede senza che ve ne sia una coscienza originale... Oggi ho anche letto sul sito della banca la notizia che c'era il Thanksgiving in USA... Ovviamente era importante per la Borsa, ma per un attimo ho pensato che adesso avessimo iniziato a festeggiarlo anche qui e che i tacchini europei si stessero già preparando ai tempi duri...

Insomma benedetti mercatini. Benedetti da chiunque voglia fare soldi e da chi ne voglia spendere per le feste e sia alla ricerca di idee che abbiano un confine molto stretto con la paccottiglia... E Natale sia!

mercoledì 24 novembre 2010

Rappezzi


Capita troppo spesso nella vita di non riuscire a fare altro che dei rappezzi... Non sono un fan delle cose fatte a metà. Il rappezzo ne è il tipo esempio: è quando per esempio hai macchiato la parete e ti metti lì a ridipingere solo il pezzo sporco. Viene una schifezza perchè si vede la differenza di colore e per di più prima o poi ti rendi conto che stai sempre a guardare lì, dove sai che hai nascosto...

Peggio è l'aggiusto fatto male nelle cose della vita. Tragico riferimento quando fai una gaffe tremenda e provi a dire qualcosa per riparare. Inutile e anzi deleterio tentativo che spinge nel baratro del ridicolo o peggio ancora dell'odio... Da un po' di tempo ho capito che non ha senso neanche investire un secondo. Tacere e accettare il ridicolo della situazione é il meglio che si può fare...

Però anche il rappezzo può essere un'arte: lo diventa quando chi opera il tentato miracolo della riparazione è in realtà un artista e riesce a rendere la cosa anche più bella e originale di prima... Non accade spesso, ma Michelangelo riuscì a tirare il David fuori da un blocco ben più che iniziato. In qualche modo fece un bel rappezzo...

Qui in Svizzera non si rappezza di solito. Per motivi economici e culturali, se qualche cosa non è più nella sua forma iniziale, si distrugge e ricostruisce. E' per questo che chiese, edifici pubblici, infrastrutture, sembrano sempre troppo nuove... Non si nota mai una facciata che abbia qualche macchia: se si verifica lo spiacevole evento, ecco che si rifà daccapo... L'autostrada ha una parte con le gobbe? Bene, rifacciamo il manto di asfalto integralmente... E' ovvio che la manutenzione ne guadagna, ma questa perfezione o supposta tale, delle volte mi angoscia. A volte ho paura di appoggiare una mano ad un muro e di macchiarlo, consapevole che potrei dare inizio a una inesauribile spirale di aggiusti profondi...

L'Italia invece è il paese del rattoppo. E oggi ancora una volta si tenta di mettere insieme un governo o una coalizione cucendo insieme lembi di tutti i colori. Purtroppo c'è ancora una volta la possibilità che si riesca a fare un pasticcio e a coprire la macchia che sta sempre là. Solo per poi continuare a vederla di giorno in giorno...

domenica 21 novembre 2010

Worldwide


Il mondo è diventato piccolo. Non è una gran notizia. Ha iniziato infatti inesorabilmente a ridursi quando l'uomo ha smesso di camminare a piedi e ha potuto usare dei mezzi di trasporto che non lo facessero ammazzare di fatica.

Si è poi ulteriormente rimpicciolito quando le onde radio hanno incominciato a essere imbrigliate in segnali riconoscibili e intellegibili la nostra voce. Allora abbiamo iniziato a non spostarci fisicamente per far arrivare le informazioni quanto a inviarle in modo impalpabile.

Oggi è un istante e raggiungiamo chiunque via e-mail, telefono, chat o FB. Come in una comunità senza confini, siamo Worldwide senza neanche spostarci dalla nostra sedia. In questo modo, le distanze che prima sembravano insormontabili, si annullano in una connessione costante.

E cosa succederebbe se questo non fosse piu' possibile? Perchè un'eventualità del genere, non è una cosa da sottovalutare. Senza fare inutili catastrofismi menagramo, sappiamo che le risorse del pianeta le stiamo grattando a fondo. Siamo diventati in troppi a sfruttare le fonti di energia. Troppi a voler mangiare. Troppi a voler vedere al buio. Irragionevolmente, succhiamo senza sosta la linfa della vita senza cercare di riciclare cio' che non ci serve. Se c'è qualcosa di inutile sulla Terra è probabilmente l'umanità: siamo infatti in genere un buco nero che non fa altro in cui la materia scompare senza altro fine che una migliore sopravvivenza nelle comodità acquisite senza domandarci se sono davvero un bisogno primario.

Sono il primo a non poter fare a meno di Internet, del cellulare, della tv, della macchina che ha una quadriga di cavalli nel motore... Eppure mi domando se nella nostra sfida all'universo creato e in questa corsa all'estrema unzione del nostro mondo, non ci sia una tendenza troppo spiccata a guardare all'orizzonte temporale di un solo secolo. Dovremmo forse ricordarci di essere una goccia del mare del tempo e cercare di fare meglio, senza fare troppo male a quello che ci ha dato la vita... E dovremmo farlo Worldwide...

giovedì 11 novembre 2010

I nostri maestri

Mi rendo conto che i nostri maestri/eroi/esempi, sono cambiati. Se proviamo a paragonarli con quelli della generazione precedente, dev'essere molto deludente vedere a chi riferiamo le nostre citazioni. Personalmente sono un esempio di animale onnivoro: spazio facilmente dai film di Starwars all'uomo ragno passando per gli U2 e finendo con Quelo. É una cultura mediatica profondamente segnata da tv, cinema e musica. E dire che non sono neanche uno di quelli che classici non li ha letti o che si é dedicato anima e corpo alla sola scienza fondendo i propri neuroni in una fissione ad alta temperatura...
Eppure non sono in grado di citare autori illustri e di consegurnza di meditare sul loro insegnamento.
Di certo ho le mie idee, il che a volte é un passo avanti, ma non so dire se esse abbiano un origine di senso comune più che l'influenza subliminale di qualche grande pensatore...
Eppure la questione é e resta spinosa. Tra trent'anni o meno, quali saranno indicati come i riferimenti della nostra generazione e considerati con rispetto? Quali saranno le influenze riconosciute e riconoscibili? E se tutto sommato ciò che apparirà chiaro é che quelli che ci hanno lasciato di più sono i nostri odiati politici? Interpreti di nessun ideale che non sia il loro mero interesse, ci trasmettono ogni giorno un vuoto spinto indelebile. Non é tutta colpa loro: troppe volte nessuno é in grado di chiedere di più né si sente in diritto di farlo.
Ma avremo mai i Nostri di maestri? O dovremo sempre ricorrere a quelli delle generazioni precedenti?

domenica 7 novembre 2010

Musica Elettronica


C'è questa cosa che si chiama "musica elettronica". Secondo me descrizione fuorviante di una sequenza incontrollata di suoni ritmati, lontanissimi da ogni tradizione finanche tribale e sostanzialmente indistinguibili. Ieri ne ho fatto una forte esperienza in discoteca, una di quelle da film con i tetti alti stile cattedrale, con la palla a specchi enorme rotante sulle teste di tutti.

Ho rimpianto per una delle prime volte nella mia vita, di non avere con me i tappi per le orecchie. E per la prima volta ho visto che la maggioranza degli svizzeri neanche li indossavano. Segno preoccupante del loro amore per questo coacervo di frequenze alte e basse, capace probabilmente di mandare in risonanza i neuroni. Ma su questo uno studio approfondito me lo aspetto da qualche università inglese, quelle che se ne escono sempre con sondaggi ridicoli e sbagliati...

Guardandoli eccitarsi ad una minima modifica del ritmo, mi sono chiesto se nel loro tempo libero si mettano nel lettore mp3 e nella cuffia di alto profilo che fa ascoltare anche i bassi peggiori, una sequenza interminabile di brani stumpstump. Me lo chiedo perchè in un concerto, ci si esalta sulle prime note di una canzone se la si conosce, e lì si esaltavano anche sul piatto variare da 1-2-3 a 1-2-3-3. Insomma preparazione alle stelle. Io non critico il gusto, quanto resto attonito di fronte alla mia ignoranza musicale come anche al fatto che il popolo della notte ne resti talmente affascinato da ipnotizzarsi. Probabilmente la mia totale impermeabilità mi rende un soggetto strano. E forse, finanche lo volessi, non riuscirei a farmi ipnotizzare, a parte da "Where the Streets have no name" e dalla mia trance irreversibile.

In ogni caso, un nuovo sassolino di esperienza si è aggiunto. Un nuovo granello nella clessidra del tempo che scorre veloce alla ricerca di un compimento e di una fine che non sarà un inizio...

sabato 6 novembre 2010

Lo spirito di Internet


Mi sta venendo ultimamente il dubbio che lo spirito di internet si stia perdendo o sostanzialmente sia mutato profondamente, contaminato da interessi, soldi e cattivi maestri...

La rete è di tutti e di nessuno. E' sempre stata un po' anarchica e aperta alle opinioni. E' una inesauribile fonte di sapere più o meno utile e veritiero. Ma generalmente contribuisce a distribuire informazioni. E questo è sempre stato il suo punto forte e la sua filosofia vincente. In una guerra spietata all'aiuto reciproco in caso di problemi informatici e non, nacquero per esempio i forum, figli diretti dei gruppi di discussione di Usenet. Si andava lì con buona volontà, acquisendo informazioni e condividendone altre senza fini di lucro, ma con spirito comunitario. C'era chi chiedeva, chi rispondeva. E il motivo per impegnarsi in una risposta era per imparare a propria volta a fare una cosa nuova.

Tecnologicamente Internet è stata ed è ancora un mezzo di crescita della sapienza mondiale. Lontani anni luce dalla scienza che esibire le proprie intuizioni e proposte solo in alcune sedi, è possibile oggi condividere dei risultati e delle scoperte senza dover andare neanche in una biblioteca. Questo fa impennare la capacità creativa, ovviamente insieme ad una selvaggia competizione all'invenzione...

Generalmente questo è produttivo. Ma adesso sempre più sono colto dalla sensazione che un demone malato si sia impadronito di noi. Percorriamo queste autostrade informatiche senza una meta, spesso senza sapere perchè. Siamo attratti da infiniti negozi che offrono cose meravigliose quanto inutili. E in questo correre da un posto all'altro, sempre più spesso come nella vita quotidiana, non lasciamo spazio da dedicare a imparare condividendo informazioni. Non mi assolvo. Sono responsabile quanto gli altri. Ma cerco un'ipotesi non per tornare indietro, ma per dare una missione a mezzi potenti come potrebbe essere Facebook. Esso ha creato una società virtuale completamente collegata, e non c'è da discuterlo. Ma cosa produce di converso? Non potrebbe scemare l'aspetto semplicemente ludico e prendere piede quello di sostegno a cause importanti? Servirebbe una guida e la capacità e il tempo di esplorare e coinvolgere, ma in questo mare magnum, c'è un modo per trovare qualcuno che si impegni in questo senso?

Io ci spero... E spero anche che quel seme di globalizzazione positiva che Internet ha saputo gettare dai suoi esordi, come comunità positiva che si sostiene in una piramide infinita, non vada perso...

Ubuntu.

venerdì 5 novembre 2010

Quello che non puoi fare, anche con una strategia...


E' capitato in questi giorni al mio capo di dover dire a un ragazzo che ha lavorato con noi per più di un anno, che non sarebbe stato assunto. Tra le tante cose che nella vita sono difficili da fare, al limite dell'impossibile, è non farsi coinvolgere dalla parte umana di una cosa così. Dopo aver mangiato insieme ogni giorno, chiacchierato e riso, insomma condiviso, devi sostanzialmente deludere e abbattere. Soprattutto sai che questo creerà una frattura insanabile e che non ci sarà modo di recuperare.

Si può cercare una strategia che minimizzi il disagio, ma gira e rigira, non credo che ci sia un modo buono per deludere le attese degli altri. A volte si può cercare di consolare, di stare vicino, ma in realtà il problema non è il nostro ruolo nelle scelte o comunque nel comunicare notizie. Quello che viene pungolato è il nostro senso di inadeguatezza. Il nostro auto-processare errori e atteggiamenti. Certo all'inizio e alla fine si darà la colpa a chi potrà prendersela, cercando di risparmiarsi l'ulteriore momento di sconforto che è dato dall'aver un pò fallito in un nostro obiettivo. Ma se ci si mette dalla parte di chi deve comunicare, l'immedesimazione nella "sottrazione" che si viene a dare rende le parole difficili a uscire.

Ecco quindi perchè le e-mail e le lettere sono giunte a semplificare la vita di tutti quelli che devono affrontare gli occhi accusatori di chi sta per ricevere una notizia che non desidera. Sono gli occhi di chi non ottiene un lavoro, di chi deve pagare una rata del mutuo, non può farlo e sta per rimanere senza casa, di chi ha bisogno di medicine e non può permettersele (e con sistemi come quello americano si crepa...). Sono gli occhi della storia. Gli occhi umiliati eppure fieri. Gli occhi che comunque accusano.

Quello che conta in questa storia e che vorrei trasmettere è il riflesso di un malessere. Il solo sapere che due persone alla fine ci sono rimaste male, mi ha toccato un po', al punto di sognare le espressioni e i risultati di tutto ciò... Insomma, se un cinico non soffre nel vedere quello che accade intorno, forse un cinico non sono...

giovedì 4 novembre 2010

Fenomeni di mappatura


Abbiamo bisogno di punti di riferimento. Abbiamo bisogno di sapere dove siamo. Vogliamo trovare una bussola che ci guidi nel viaggio, ma che ci possa anche semplicemente puntare su una mappa.

Personalmente rimango affascinato ogni volta dagli stradari e dai GPS. I primi erano una risorsa utile che aiutava a immaginare la strada e a trovare punti di riferimento. Il ritrovato tecnologico degli ultimi anni, invece, ci ha fatto perdere la funzione storica di saperci orientare nella giungla metropolitana. Senza il navigatore, molti di noi, restano persi. E' un progresso indiscutibile dal punto di vista dell'aiuto che può fornire in luoghi sconosciuti, ma è anche una limitazione alla potenza creativa. E' scientificamente provato a suon di bestemmie che accettare il consiglio del navigatore con spirito critico, arrogandosi anche il diritto di contestarlo, ha conseguenze funeste. Si puo' finire ovunque se non si seguono i suoi dettami dittatoriali. E persi nel vuoto della incapacità di imparare le strade, l'alternativa è smarrita per sempre...

Ormai è infatti impossibile andare a memoria, e le mappe non hanno un senso senza una bussola. Eppure il mio cervello, proprio in questo momento, mi mostra che ci sono cose automatiche che hanno a che fare con posizioni e movimenti, che non possono essere perdute. Sto scrivendo infatti su una tastiera svizzera. Non tanto diversa da una italiana se non per l'assenza delle lettere accentate e per la noiosa inversione delle lettere z e y. Eppure, semplicemente cambiando via software la posizione dei tasti, riesco a scrivere in italiano senza guardare dove le mie mani battono. E' una mappatura inconscia, come quando camminando a Napoli, riesco sempre a sapere dove sono.

Forse sta diventando il caso di abbandonarsi un po' di più alla nostra natura e di recuperare quanto pensiamo sia meglio organizzato da un sistema elettronico. Per diventare un po' più robot, ma meno robotizzati e sconfiggere una nuova dipendenza...

lunedì 1 novembre 2010

Potenzialmente un gran paese...


Al mondo ci sono moltissime nazioni che potenzialmente sono grandi. Potenzialmente perchè hanno di sicuro una serie notevole di requisiti per essere luoghi attraenti dove poter essere felici e soddisfatti. Esempio facile per me è il Sud Africa. Ci sono stato. E' una terra baciata da una fortunata combinazione climatica e da una ricchezza anomala per il continente più povero e disgraziato del pianeta. Eppure è una nazione dolorosamente pervasa ancora da una situazione di vita insicura e con una storia tremenda alle spalle che lascia ancora spazio a strascichi intollerabili...

Poi ci sono storie opposte. E' il caso di Paesi che sono stati grandi, ma che oggi hanno imboccato una strada in discesa e non hanno la forza di tirar su un freno a mano e fare inversione, nè i cavalli per una retromarcia. Ahimè, nota dolente, uno di questi mi sembra essere l'Italia...

Quello straordinario miscuglio di passato e futuro, con l'infinita creatività di una cultura prolifica e mai spezzata, sembra essere diventata una sbiadita foto color seppia. Nessun colore brillante riveste la miseria di essere sempre in prima pagina per quello che non va. Neanche ormai le cartoline magnifiche di alcuni dei panorami più belli e affascinanti del mondo possono aiutare.

Che succede all'Italia? Che succede agli Italiani? Succede che ci siamo alla fine gettati a peso morto su una vita che copi quello che fa la TV. Una vita dove è lo shock a farla da padrone, in parole opere e omissioni. Con il master of puppets don Cavaliere che, conscio di essere specchio della cittadinanza, si prende tutte le libertà e tutte le possibilità. La linfa di un tempo sembra persa in un rivolo melmoso, pieno della spazzatura di Napoli, come dei futuri disoccupati della FIAT, della malavita e del malcostume. Dove non ci sono i soldi c'è il crimine e i rifiuti. Dove ci sono c'é il crimine e l'ancor più sporca corruzione. La Penisola si unisce a Roma in un triste abbraccio al ribasso.

Della nostra potente potenzialità, non resta che uno sfocato ricordo. Nel non affrontare mai i problemi posponendoli all'infinito, la politica e i politici depredano le ultime risorse lasciando una terra spogliata di ogni velleità di sopravvivenza. E' un quadro troppo nero? Può darsi. Ma dove sono i raggi di luce? Se l'Italia si è salvata dalla crisi economica, non riesce a salvarsi da se stessa e dagli italiani. Siamo un popolo destinato a non scalare montagne, ma a scendere da colline. Eppure rimaniamo a contemplare dall'alto in basso il tempo che fu, con la puzza sotto al naso di chi vive di ricordi e rimpianti...

Nella speranza che la potenzialità ritorni a essere espressa e visibile, fischio, e alla via così...

Note per Viaggiatori Occasionali...

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Capotreno e Viaggiatori